Storie, miti e leggende di un popolo
Ideato e diretto da Gianfranco Angei
con
Valeria Pilia, Manuela Sanna, Elisa Marongiu,Valeria Parisi, Barbara Zedda, Ombretta Pisanu, Nicola Michele, Alessio Arippa, Manuela Ragusa, Giorgia Murgia e con Orlando Mascia (launedds e organetto)
musiche originali registrate ed effetti sonori: Maurizio Puxeddu
testi dei canti: Paolo Pillonca
aiuto regia: Valeria Pilia
coreografie: Gianfranco Angei
scene e costumi: Teatro Actores Alidos
maschere: Sebastiano Brasu, Angelo Denti, Graziano Viale
responsabile tecnico: Giorgio Sitzia
sartoria: Emma Ibba, Olga Scioni
amministrazione: Stella Leone
foto di scena: Priamo Tolu e Michele Losito
organizzazione: Silke Spiga
“…presenze più che personaggi, frammenti piuttosto che storie compiute, evocazioni oniriche invece che reali, per offrire la possibilità di comprendere con altro intelletto, di guardare con occhi diversi, di sentire con altri sensi…” (G. A.)
Tracce delle storie
UN GRUPPO DI ATTORI accoglie un pubblico cui raccontare storie di miti e leggende.
UNA DONNA SCIAMANO, in un racconto di buon auspicio ricco di visioni profetiche, invita e guida gli spettatori in un viaggio iniziatico: “Gente, gente mia cara, guarda la luce che ti circonda, le distese che vedi sono un mondo nuovo. Avvicinati alla fontana della vita: come la stagione della Primavera saranno i tuoi primi anni e quando vedrai pericoli non disperare, il cielo e la terra ti accarezzeranno. Guarda i fiumi, le acque piovane, i venti gelidi, la grandine a piccoli chicchi e la nevicata lenta che stende una tovaglia candida su monti e vallate. Guarda!” (traduzione del testo in lingua sarda).
IL DESTINO dell’uomo è nelle mani delle Filonzane (le parche sarde) che tessono, misurano e tagliano i fili della vita.
UNA TRIADE, emanazione delle filonzane dalle facoltà misteriose, si manifesta con tutto il suo terribile potere, proferendo un monito nei confronti dell’uomo: “Torna per un attimo alla luce del mondo e smetti di bere l’acqua torbida. Dove non splende il sole non può mai fiorire alcuna fronda. Affacciati, affacciati alla nostra finestra e, se avrai un buon destino, quando verrà la tua ora potrebbe anche succedere che tu ritorni alla luce almeno per una volta, e riesca a vedere aquile e puledri, essendo diventato roccia, albero o perfino uomo. Quale vita desideri per questo ritorno?Noi siamo la luna, noi siamo le stelle: nessuno misura la durata della nostra vita; possiamo regalare, secondo il nostro capriccio, ferite e carezze; non abbiamo servi e non abbiamo padroni, il destino degli uomini è nelle nostre mani” (traduzione del testo in lingua sarda)
I BOES, gli esseri antropomorfi giocano, lottano, amano.
L’AMMUTADORI, il folletto che provoca i sogni e gli incubi, talvolta si diverte anche con la musica
L’ARGIATA, punta da un essere maligno, viene colta da spasmi mortali.
LA VIOLENZA: l’amore non corrisposto degenera in atti ignobili che portano ad una cieca vendetta
L’INCONTRO con gli uomini-uccello segna anche lo scontro tra due culture diverse, tra due popoli: quello autoctono e quello invasore; il “diverso” diventa una minaccia per la comunità ma, infine, una “intesa” favorisce la loro unione.
LA CARESTIA è una delle tragedie che colpisce i popoli e nella sua follia una donna evoca la “mamma del sole” che col suo tocco di fuoco divora tutto.
UNA VITTIMA designata dalla società matriarcale destinata a un Dio per ingraziarsi la sua benevolenza è ormai pronta, ma qualche debole tentativo di ribellione turba la sua anima:“Perché voltate lo sguardo?/allora è questo che volete da me: morire per un dio. E perché io, che responsabilità ho io?/ Mamma anche tu, non abbassare lo sguardo: sinceri li voglio i tuoi occhi , dimmelo almeno tu perché io?/ allora erano queste le ombre dei miei sogni… E voi gente amica fino a ieri e oggi dura come marmo/ voi che tacete come pietre! Ditemelo, perché io? io ho paura, in quale luna cattiva, mamma, mi hai cullato?” (traduzione del testo in lingua sarda).
LA PASSIONE può essere intesa, travolgente, a volte solo fugace.
UN POPOLO attende il momento del risveglio per affrontare il suo viaggio alla ricerca della divinità dispensatrice di fertilità.
LA GRANDE DEA MADRE, il corpo vivente della creatrice di tutto l’universo, si manifesta per generare nuova vita; essa si apre all’intervento fecondo del cielo e nelle sue viscere accoglie il seme del dio per trasformarlo in potenza rigenerativa.
IL SIMBOLO primordiale di fecondità e rigenerazione della vita viene portato in processione accompagnato da un canto rituale di ringraziamento in onore della Grande Madre.
UN RITUALE compiuto al tramonto evoca la presenza del Dio Capro: a lui, emanazione della Grande Dea, si dovrà consegnare la fanciulla prescelta.
IL LAMENTO di una madre si leva alto con un canto di dolore durante il triste corteo.